Il biologico non è più una moda ma una solida realtà commerciale. Gli indicatori di questa affermazione sono sotto gli occhi di tutti: farfalle, arcobaleni e quant’altro punteggia le corsie dei supermercati a segnalare la presenza di un prodotto “ bio”. Lontani sono i tempi in cui si trovava ben poco e quel poco aveva una qualità mortificante; passata anche l’epoca degli scaffali ghetto per consumatori “verdi”; il nuovo millennio, nella scia dei vari scandali alimentari della nostra epoca, ha segnalato il riscatto del biologico. I sapori, dimenticati i spartani, sono entrati nel campo dell’alta gastronomia: l’offerta copre tutta la gamma dei prodotti alimentari, pizza compresa, senza escludere quelli voluttuari come dolci e gelati.

La rivoluzione dolce dell’agricoltura

Il biologico in Italia è stato per trent’anni una scelta d’élite. Con questo non si vuole semplificare il fenomeno restringendolo entro la cerchia di chi è ricco a sufficienza per permettersi scelte di vita strampalate. Anzi, si vuole sottolineare il ruolo dei cosiddetti precursori, che in ogni società rappresentano la fascia più sensibile all’innovazione. Innovazione, sia bene inteso, che può significare proiettarsi in avanti ma anche fare un passo indietro alla ricerca di un differente equilibrio o forse dell’equilibrio mancante. I pionieri cui si fa riferimento hanno rappresentato una categoria trasversale alla società: dai contadini stanchi di come stavano andando le cose agli intellettuali metropolitani; gli uni indispensabili agli altri, produttori e consumatori, per quanto differente possa essere l’approccio di ciascuno.

Trent’anni di passioni e battaglie

Volendo riassumere in quanto battute la storia del biologico in Italiano, si può dire che gli anni Settanta hanno rappresentato gli esordi, impercettibili ai più, nella scia del movimento verde europeo; gli Ottanta sono stati il periodo dell’incredulità, da parte di chi si è sentiva toccato nel vivo e dalla derisione, che ne rappresentava la reazione più immediata; i Novanta quelli delle battaglie giuridiche, semplicemente per scrivere “biologico” su un’etichetta”, ma anche del definitivo riconoscimento del settore; il Duemila è l’anno della consacrazione, con l’ingrasso nel settore della grande distribuzione e dell’industria, ma anche con la nascita di un nuovo concetto di turismo nella natura, alla ricerca dei settori più genuini e sani.

Agricoltura biologica

L’agricoltura biologica è un insieme di pratiche di coltivazione e allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, escludendo prodotti chimici di sintesi e organismi geneticamente modificati da ogni fase produttiva. E’ un metodo che abbina tecniche agronomiche che hanno accompagnato l’uomo nei millenni e nuove tecnologie in un quadro operativo definito a livello europeo del regolamento Cee n 2092 del 24 giugno 1991. questo nuovo modo di fare agricoltura ha rappresentato negli ultimi dieci anni una rivoluzione epocale, confermata da una crescita che in Italia ha portato alle 50 mila aziende e al milione di ettari oggi certificati. Questi dati, che rappresentano per l’Italia un primato continentale, sono ancor più significativi se si pensa che due terzi della produzione biologica si concentra al Sud.

Conversione

Per essere dichiarati biologici i prodotti devono essere coltivati in terreni dove, da almeno due anni, è stato sospeso l’uso di prodotti chimici di sintesi. Tali terreni devono essere nettamente separati dagli appezzamenti con produzione non biologica affinché non abbiano luogo contaminazioni casuali. La transizione dal convenzionale al biologico è detta “periodo di conversione”.

Preparazione del terreno

Per mantenere anno dopo anno la fertilità del terreno al livello più opportuno si utilizzano concimi organici e minerali naturali, combinati con le pratiche tradizionali del sovescioe della rotazione delle colture. Il fertilizzante più rappresentativo dell’approccio biologico è il compost, ottenuto per degradazione batterica di materiali organici, vegetali (paglia e altri residui) e animali (letame). Il sovescio è una pratica che comporta l’interramento di piante appositamente seminate come il trifoglio o la senape, oppure di sfalci che, lasciati sulla superficie, cedono al suolo dell’azoto. La rotazione consiste nel fare seguire una coltura da sovescio che fornisce azoto al terreno (leguminose) a colture da reddito che invece lo sottraggono per il proprio sviluppo (cereali).

Difesa biologica

Per la difesa delle piante infestanti e dai parassiti si interviene sia sul terreno, con protezione (pacciamatura) e lavorazioni meccaniche (sarchiatura e altro), sia sulle piante, con prodotti e sistemi di origine naturale e a basso impatto ambientale. L’intervento diretto è sostenuto con trappole (ormoni) e con sostanze vegetali (piretro e altro) o minerali (farine fossili) oppure favorendo l’azione degli antagonisti naturali (mammiferi, uccelli, insetti e microorganismi).

Allevamento

Nella zootecnia biologica è escluso l’allevamento in batteria. I capi devono potersi muovere e pascolare liberamente, l’alimentazione deve essere biologica, gli interventi sanitari non prevedono l’uso di antibiotici ma solo di sostanze naturali (fitoterapia, omeopatia). La salute degli animali si tutela con un ambiente sano.

Confezionamento e conservazione

Coloranti e conservanti chimici non sono ammessi (unica eccezione gli additivi di sicura origine naturale). Inoltre vanno adottate procedure particolari per impedire la contaminazione dei cibi durante il confezionamento, il trasporto e la vendita.

Certificazione

L’azienda è sottoposta a controlli da parte di agenzie ufficialmente riconosciute per escludere l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi e di organismi transgenici in ogni fase della produzione, dalla coltivazione alla conservazione, dalla trasformazione al confezionamento.

Agricoltura biodinamica

Va considerata, per alcuni aspetti fondamentali, l’antesignana dell’agricoltura biologica. Viene teorizzata nel 1924 da Rudolf Steiner, filosofo e teologo austriaco, che vede l’azienda agricola come un “organismo vivente autosufficiente” in una visione spirituale e cosmica dell’agricoltura. Il termine “biodinamico” si riferisce infatti alle energie vitali coinvolte in un ciclo che parte dal suolo e si chiude nell’allevamento che ne assicura la fertilità grazie al concime organico. Dal punto di vista pratico l’agricoltura biodinamica da una parte recupera pratiche tradizionali come il sovescio e la rotazione contestualmente alla messa al bando della chimica di sintesi proprio al momento in cui veniva presentata come presunto toccasana per l’agricoltura; parallelamente tiene conto dei cicli astronomici e lunari nel calendario della semina, della coltivazione e della raccolta, oltre a utilizzare preparati omeopatici, basati cioè su quantità infinitesimali di principi attivi, atti a stimolare le energie presenti nel terreno. Quanto al presente, in Italia sono attive oltre 200 aziende biodinamiche, certificate dall’associazione Demeter nell’ambito del regolamento Cee 2092/91.

Perché biologico?

Le allergie sono il campanello d’allarme del nostro sistema immunitario. Perché sono così aumentate nel mondo occidentale? E perché in molti casi si manifestano con alimenti che fino a ieri non provocavano disturbi? Il sospetto grava con particolare inquietudine sulle sostanze chimiche e gli organismi transgenici utilizzati in agricoltura. Da questo punto di vista i prodotti biologici, che li mettono al bando, rappresentano il miglior modo per chiamarsi fuori dall’incertezza.

Bio è migliore?

La domanda è semplice: gli alimenti biologici sono più nutrienti e gustosi di quelli da agricoltura convenzionale? La risposta purtroppo resta in balia di statistiche non risolutive, con il risultato che nel campo della qualità nutrizionale e organolettica le posizioni sono duramente contrapposte.

Valore produttivo

Da una parte troviamo gli ambientalisti, forte degli studi effettuati in diversi paesi a sostegno del fatto che gli alimenti da agricoltura convenzionale manifestano, a causa dei prodotti chimici, uno scadimento delle proteine, una riduzione dei minerali e delle vitamine, oltre che un’anomala ritenzione di liquidi. Sull’altro fronte sono attestati i fautori dell’agricoltura convenzionale con studi altrettanto autorevoli che ribattono punto su punto le accuse tacciando di oscurantismo la controparte.

Qualità organolettica

E’ il giudizio che rimandiamo agli organi di senso, nella fattispecie a vista, olfatto e gusto. In questo campo, quanto mai aleatorio, dove le statistiche manifestano ancor più i loro limiti, entra in gioco l’esperienza personale. Quanto all’aspetto esteriore, la frutta e gli ortaggi da agricoltura convenzionale spiccano per bellezza e omogeneità, come richiesta dal mercato; quelli biologici, dopo esordi imbarazzanti, hanno guadagnato molto terreno grazie a una razionalità agronomica mutuata proprio al settore convenzionale. Quanto a profumo e gusto, in linea di principio i prodotti più gradevoli sono quelli che giungono a maturazione senza forzature: per questo il verdetto spesso pende a favore del biologico, che tra l’altro cerca di sottrarsi alla logica del massimo rendimento a favore della tipicità, recuperando le varietà tradizionali.

Bio è più sicuro?

La domanda, valida in assoluto, si pone con maggiore urgenza nei riguardi dell’alimentazione infantile dal momento che in un organismo che si sviluppa, l’assunzione prolungata di contaminanti può avere effetti deleteri. Anche perché le tolleranze dell’organismo umano all’assunzione di tali sostanze nel lungo periodo sono calcolate di legge su una massa corporea di 60 chili.

Residui chimici

Recenti statistiche evidenziano come in Italia il 30% dell’ortofrutta risulti contaminato da pesticidi l’8% con più di un principio attivo, l’1% addirittura oltre i limiti di legge. Il recupero della situazione, oltre tutto è ostacolato da una normativa vecchia di trent’anni che non tiene conto di studi su sostanze nel frattempo rivelatesi cancerogene. Più promettente è il fatto che nel nostro Paese sono oltre trecento i comuni che hanno scelto il biologico per le mense scolastiche.

Alimenti transgenici

In alcuni settori dell’agricoltura (cereali, ortofrutta) è già abbastanza diffuso l’impiego di specie modificate con geni estranei per resistere a un dato parassita o per sviluppare caratteristiche favorevoli alla lavorazione. A fronte delle assicurazioni delle aziende biotecnologiche che li hanno brevettati, c’è viva preoccupazione su un largo fronte scientifico e ambientalista per le imprevedibili conseguenze dell’immissione di tali organismi nell’ambiente e nella catena alimentare. Quelli biologici sono gli unici prodotti alimentari nei quali la legge vieta la presenza di sostanze transgeniche.

Bio è più responsabile?

Il riferimento è per l’impatto ambientale due forme di agricoltura, che si misura non solo in termini di ricorso alla chimica di sintesi, ma in senso più lato di impiego di risorse e di rispetto della natura.

Bilancio energetico

Riguarda tutti i contributi necessari al ciclo agricolo, dall’acqua alle sostanze chimiche, dalla forza motrice ai materiali di imballaggio. A conti fatti, nonostante il maggior ricorso alla manodopera, prevale il biologico.

Biodiversità

L’impatto sulla variabilità genetica non è di immediata valutazione, ma d’altra parte è assodato che la produzione industriale ha privilegiato un numero limitato di varietà accantonando quelle tradizionali, meno produttive. Il biologico fa del loro recupero un obiettivo.

Bioetica

Il rispetto della natura, pensando tanto all’inquinamento quanto alle manipolazioni genetiche, è un aspetto non secondario che coinvolge produttori e consumatori, laici e credenti.

Certificazione

L’agricoltura biologica è l’unica forma di agricoltura controllata in base a regolamenti europei e leggi nazionali: né l’agricoltura convenzionale, né la cosiddetta agricoltura integrata dispongono di un simile sistema di controllo.

Normativa comunitaria

L’intero ciclo della produzione, dalla preparazione del terreno per la semina fino alla vendita del prodotto finito, è sottoposto alle verifiche di organismi indipendenti specializzati, espressamente riconosciuti dallo Stato, che certificano e garantiscono con il loro marchio al consumatore il pieno rispetto della normativa europea e nazionale.

Agenzie di controllo

In Italia esistono nove organismi riconosciuti dal Ministero, cui si aggiungono due agenzie straniere per la sola provincia di Bolzano, e due marchi collettivi privati (Amab e Demeter) che interessano aziende che rispettano disciplinari produttivi più restrittivi di quello comunitario 2092/91. In particolare Demeter identifica commercialmente i prodotti ottenuti con il metodo biodinamico.

Accertamenti preliminari

L’azienda che vuole avviare la produzione biologica notifica la sua intensione alla Regione e a uno degli organismi di controllo autorizzati. L’organismo procede alla prima ispezione con propri tecnici specializzati, che esaminano l’azienda e prendono visione dei diversi appezzamenti, controllandone la rispondenza con i documenti catastali, dei magazzini, delle stalle e di ogni altra struttura aziendale.

Conversione e verifiche annuali

Se dall’ispezione emerge l’idoneità dell’azienda alla produzione biologica, questa viene ammessa nel sistema di controllo e avvia la conversione, un periodo di “disintossicazione” del terreno che, a seconda dell’uso precedente di prodotti chimici e delle coltivazioni, può durare due o più anni. Solo concluso questo periodo di conversione, il prodotto può essere commercializzato come biologico. L’organismo provvede a più ispezioni l’anno, anche a sorpresa, e preleva campioni da sottoporsi ad analisi chimiche.

Prezzi

A lungo il punto debole del bisogno sono stati i prezzi, finanche doppi rispetto ai prodotti convenzionali. All’origine del divario sono i maggiori costi produttivi e distributivi; oggi, grazie all’affinamento delle tecniche di produzione e alla maggiore capillarità della rete commerciale, il biologico è molto più conveniente

Fertilizzanti più cari

I concimi e prodotti naturali sono più costosi di quelli sintetici, sia che vengano acquistati sia che siano preparati in azienda.

Difesa biologica più onerosa

L’eliminazione delle erbe infestanti richiede interventi meccanici e manuali più frequenti e onerosi. La lotta a parassiti e malattie è condotta con tecniche a basso impatto ambientale e prodotti naturali meno sbrigativi dei sistemi chimici convenzionali

Minore resa di prodotto

A prescindere da qualsiasi discorso di qualità, la produzione per ettaro è leggermente inferiore rispetto all’agricoltura industrializzata. A favore dei prodotti biologici, però, gioca il minor contenuto in acqua.

Costi di certificazione

I controlli di legge incidono in modo tanto più sensibile quanto minore è la dimensione dell’azienda

Distribuzione limitata

Il mercato ancora limitato, non consente vantaggiose economie di scala.

Bilancio finale

A riequilibrare parzialmente i conti interviene un fattore di costume: nella dieta delle persone che si orientano al biologico, infatti, calano i consumi di carne, salumi e formaggi, che costituiscono le voci di spesa più onerose della dieta tradizionale; li sostituiscono, con vantaggio anche economico, cereali, verdura e frutta.

Distribuzione

Il biologico è stato per molto tempo estraneo ai grandi circuiti commerciali. Questo è accaduto per scelta ma anche per limiti imprenditoriali. Negli ultimi tempi, tuttavia, l’offerta ha saputo entrare in sintonia con le esigenze della grande distribuzione, rivelatasi determinante per la definitiva consacrazione del biologico.

In azienda

La vendita diretta, molto diffusa, è praticata tanto dalle fattorie che svolgono un’attività agrituristica quanto dai produttori che possono permettersi un vero e proprio spaccio aziendale

Per corrispondenza / On line

La vendita a catalogo, anche via internet, è una delle forme più diffuse delle aziende, grandi e piccole, ma soprattutto dalle aggregazioni di produttori che si pongono come intermediarie del consumo. Le vendite non riguardano solo i prodotti conservati ma sempre più spesso l’ortofrutta.

Negozi specializzati

Sono circa 850, di cui circa due terzi al Nord, e rappresentano l’interfaccia cittadina del biologico, in collegamento con gruppi d’acquisto e associazioni culturali. Tipologicamente spaziano dalla bottega al grosso emporio; merceologicamente, dal pane integrale al detersivo ecologico.

Mercatini

Simili ai normali mercati rionali, si tengono di solito al sabato o alla domenica, settimanalmente nel migliore dei casi. E’ possibile acquistare i prodotti direttamente dagli agricoltori biologici.

Supermercati

E’ il nuovo fronte del biologico, apertasi non appena l’offerta, soprattutto di frutta e ortaggi, si è attestata sui livelli necessari alla grande distribuzione. Oggi il biologico è presente in circa 350 esercizi, soprattutto al Nord e in Toscana. Il riconoscimento da parte di questo settore commerciale è rappresentativo della raggiunta maturità dell’agroalimentare biologico.

Tendenze Bio

Il biologico, dopo un’incubazione durata trent’anni, è diventato uno dei fenomeni imprenditoriali più dinamici degli ultimi anni.

Ritratto del consumatore biologico

Da un’inchiesta di Legambiente risulta che il 66% degli italiani conosce il biologico, che il 54% ha acquistato almeno una volta prodotti naturali, che il 45% lo ha fatto di recente. Il consumatore più convinto viene descritto come una persona di 25-45 anni, residente al Nord, di cultura e reddito medio-alti. Corretta, per il 77% del campione, l’associazione dell’agricoltura biologica con la messa al bando della chimica di sintesi.

I pezzi da novanta in campo

Significativo è l’atteggiamento delle grandi aziende dell’industria e della distribuzione alimentare entrate nel settore in modo più o meno discreto: chi subentrando nella proprietà di affermate aziende biologiche, chi inserendo nel proprio catalogo una specifica linea di prodotti biologici.

Un mercato in forte espansione

Il giro d’affari del biologico italiano è stimato in duemilamiliardi di lire con più di un terzo della produzione esportata, principalmente in Europa ma anche negli Stati Uniti e in Giappone. La crescita negli ultimi quattro anni non è mai scesa sotto il 20%, a conferma che ormai 6 italiani su 100 consumano biologico più volte alla settimana.

Ossigeno per l’agricoltura

La discesa in campo dei gruppi industriali ha allarmato più di un osservatore. Tuttavia, a fronte della paventata perdita d’innocenza del settore, anticamera del suo svilimento, c’è una positiva considerazione che riguarda la crisi che l’agricoltura da tempo patisce sia per la concorrenza internazionale sia per la disaffezione delle nuove generazioni. In un quadro così negativo, infatti, l’agricoltura biologica si pone in controtendenza con una forte componente di imprenditoria giovanile.

Una valle per il biologico

Il riferimento è per l’iniziativa “Natural Valley”, avviata dalla provincia di Piacenza per valorizzare in nome dell’agricoltura biologica e integrata il territorio solcato dal fiume Nure. La scelta è motivata dall’integrità ambientale del luogo, ma anche dai suoi valori storico-artistici. L’iniziativa prevede un marchio d’area, da attribuire innanzitutto ai prodotti tipici, poi alle strutture turistiche coerenti ai principi dell’azione.

Obiettivo 10%

E’ la quota di biologico che si propone di raggiungere la Basilicata entro il 2005. non è l’unica regione che ha manifestato un chiaro impegno su questo fronte, ma è sicuramente quella che si è posta il traguardo più significativo. Le produzioni interessate sono quelle tipiche dell’agricoltura mediterranea: ortaggi e frutta nelle zone irrigue; cereali, olio e vino nelle fasce collinari più vocate ; carni e formaggi sui pascoli naturali di montagna, con particolare riferimento al territorio del Parco nazionale del Pollino.