Descrizione
Il Bruss è una preparazione a base di formaggi già fatti, talora mantecabile, talora friabile e deformabile . E’ caratteristica di alcun regioni del Piemonte e le varianti locali possono anche assumere denominazioni differenti: Brös, Bross, Brussu, Bruzzu, Bruz, Buzzu, il nome deriva probabilmente dal francese “Brousse”, che è la cagliata del latte di pecora, a volte viene anche denominata “Tupinà” da tupin vaso in terra cotta in cui si produce ma si può anche trovare con altri nomi a seconda della provenienza: Cachata a Demonte (CN), Sargnon, Serniun nella zona dell’alto Eporediese (TO). Zuvi nella zona Walser dell’Ossola (Verbania),
Il Bruss è prodotto con piccoli pezzi di formaggio di differenti qualità. Si presenta come una pasta cremosa, morbida e spalmabile che varia da bianco, come quello di Roccaverano e Bagnolo, al grigiastro, come il Bruss a cui è stato aggiunto un alcolico, oppure giallino o verdognolo, come il Bruss di Castelmagno
I formaggi necessari per preparare il Bruss sono di una o più tipologie. Per fare il Bruss classico è necessario mettere in un recipiente di coccio invetriato, Robiole ben stagionate ( alcuni sostengono che le migliori sono le Robioli del Bec, che sono fatte di latte di capra). Sul formaggio si deve versare una quantità di vino bianco secco o, ancora meglio di grappa ricavata dalle vinacce con aggiunta abbondante di peppe pestato e qualche pezzetto di peperoncino rosso piccante, si copre poi il formaggio con dell’ottimo olio extravergine di oliva e si lascia riposare per qualche giorno.
Successivamente il composto si mescola con un cucchiaio di legno e si sistema in un luogo fresco fino a quando non è prodotta la fermentazione. Solo dopo il formaggio viene posto in un luogo meno fresco e lasciato riposare.
Il Bruss si può cosumare quando la massa diventa morbida e cremosa.
Il sapore pungente del Bruss ha ispirato il proverbio piemontese :“soltanto l’amore è più forte di Brös”.
Un tempo era preparato un po’ in tutte le famiglie sia della montagna che nei fondovalle; era un modo per utilizzare le parti di stantio, duro e/o di formaggio ammuffito che venivano mescolate con il grappa casalingo = il distillato del polpa spremuta – vinacce – restante dalla vinificazione, più forse burro e spezie, per formare un condimento buono per la polenta, o per essere spalmato sul pane abbrustolito. Si utilizzava anche come condimento del pane raffermo leggermente inumidito e spalmato con aglio. Un tempo il recipiente di terracotta con il formaggio in fermentazione (la toupino) era esposto al sole.